"Il proprio PC per una nobile causa
Si chiama Distributed Computing, ovvero “calcolo distribuito". È un metodo per destinare parte della capacità di calcolo del proprio computer a scopi quali la ricerca medica o lo studio della meteorologia. Il presupposto di partenza è che i nostri computer sono ormai così potenti che parte della loro potenza rimane spesso inutilizzata: la maggior parte delle applicazioni, infatti, anche quando è in piena attività utilizza solo una parte della potenza di calcolo di un PC.
I progetti di Distributed Computing mirano ad attingere proprio da questa risorse inutilizzate: distribuendo lo sforzo tra un grande numero di normali PC (ognuno dei quali contribuisce solo per una piccola parte) si riescono a ottenere risultati che neanche il più potente degli odierni supercomputer potrebbe raggiungere, e per di più con costi molto contenuti.
Come funziona? Una volta stabilito qual è l’obiettivo che ci si prefigge, i responsabili di un progetto suddividono il lavoro in una enorme quantità di piccoli compiti, ognuno dei quali può essere svolto separatamente da un singolo computer. Chi vuole aderire al progetto deve scaricare e installare un software che farà da tramite tra la "centrale operativa" e il singolo partecipante: il software riceverà il compito da svolgere, effettuerà i calcoli e, una volta portato a termine il lavoro, comunicherà i risultati alla "casa madre". Per scaricarlo e per le operazioni di comunicazione, è necessario essere collegati a Internet, ma per il resto del tempo il programma funziona anche se si è disconnessi. Il software, inoltre, è progettato per non interferire con il normale funzionamento del PC: entra in funzione soltanto nei tempi morti del computer, cioè quando il processore non sta lavorando. L’utente ideale dunque è colui che lascia il computer acceso per molte ore al giorno per eseguire compiti non molto impegnativi (per esempio chi usa le reti p2p per lo scambio dei file); ma anche chi usa il computer per un’ora alla settimana può dare il suo contributo, comunque significativo. Va segnalata anche una controindicazione: i PC più moderni (soprattutto i portatili) sono progettati in modo da entrare automaticamente in modalità di risparmio energetico quando le proprie componenti non stanno lavorando. Lanciando un progetto di questo genere,il PC avrà sempre qualcosa da fare e la modalità di risparmio non si attiverà mai. Del resto, se volete davvero risparmiare, dovete spegnere il PC: lo volete lasciare acceso, tanto vale sfruttarlo al meglio.
A chi giova? Chi aderisce al progetto partecipa per sostenere la causa che ci sta dietro. A trame giovamento è ovviamente chi gestisce i singoli progetti: in generale si tratta di organizzazioni no-profit quali università e istituti di ricerca. Qualche società ha anche provato a esplorare la via commerciale al calcolo distribuito, per il momento senza risultati concreti.
Attualmente il progetto più popolare è probabilmente Folding@home (folding.stanford.edu), gestito dal dipartimento di Chimica dell’Università di Stanford: si occupa di ricerca nell’ambito dell’assemblaggio (in inglese: folding) delle proteine, un ramo della scienza che può aiutare a combattere malattie quali l’Alzheimer, il Parkinson e tante altre. Altro progetto noto è quello sviluppato su www.climateprediction.net (per la previsione del clima nel 21° secolo). Per un approfondimento sul Distributed Computing ed elenchi di altri progetti vi rimandiamo ai siti: library.thinkquest.org/C007645/english/ e www.distributedcomputing.info.
Purtroppo, tranne qualche parte di quest’ultimo sito tradotta in italiano, quasi tutto il materiale è in inglese."
articolo tratto da "Altroconsumo" n.181, Aprile 2005 (www.altroconsumo.it)